Domandava il Diori meravigliato. Bella, to !... Non sa neppur questa ? Eppure questo Santo è in tal venerazione anch'oggi che lo cono-scono fino i bambini. Non hai mai udito parlare di S. Doroteo ? Or bene, si ha adunque per antica tradi-zione che venuto esso in una valle prossima alla chiesa ove oggi si conserva il suo corpo, la quale è posta circa mezzo miglio distante dal Castello di Cardoso, ivi si fermasse, e ivi, separato da ogni consorzio, in sante orazioni e contemplazioni passasse tutta la sua vita. Dicesi che essendo il luogo privo di acqua confidatosi in Dio, piantò in terra il suo bastone, il quale divenne subito verdeggiante, ed al suo piede scaturì un limpido fonte anche oggi sempre perenne, con che poté egli dissetarsi ; e che non pochi bevendo di tale acqua conseguiscono grazie dal Signore. Si aggiunge che morì ai 15 maggio e che ad onor suo gli fu fabbricato l'Oratorio dove è sepolto. I Barghigiani mossi dalla fama de' suoi miracoli, gli avevano una particolare devozione, e più di una volta videro sopra la sua chiesa degli splendori, che pareva attestassero loro la sua benevolenza. Si riunirono adunque in parecchi e stabilirono di recarsi colà, rubare le reliquie del Santo, e portarsele a Barga. Ma appena ebbero così stabilito, sai tu quello che loro successe ? All'istante rimasero tutti ciechi. (1) Non ci andremo mica noi da quel santo... ? (soggiunse subito il Diori) se ai Barghigiani si fanno di quegli sgarbi !... : Zitto la !... Quando si tratta di miracoli vi interviene sempre l'onnipotenza di Dio, che non opera mai a caso. Dunque !... Qui forse sarebbe nata anche una disputa teologica, se la voce del nostro duce non fosse giunta in tempo opportuno ad interromperla, annunziandoci che eravamo a Cardoso, ove sostammo per tutto il tempo della nostra colazione. Il piccolo paesello di Cardoso, che ha avuto tremende questioni con Barga, e per strapparsi l'un l'altro un palmo di nudo terreno hanno litigato per secoli fra loro, ti penseresti, lettore, che venisse guardato dai Barghigiani con occhio arcigno ? Tutt'altro. L'amena posizione in cui è situato, la pulitezza nel suo interno, le sue fortezze, i suoi abitanti squisitamente gentili ne formano invece un paese simpatico. Non ci fu bisogno di altro che manifestare i nostri bisogni ad alcuni di quella popolazione, e tutto ci fu recato con precisione ammirabile. Scale, lanterne, lumi, uomini che portassero tutti gli attrezzi in un quarto d'ora furono all'ordine, e intendiamoci bene, non per fini pecuniari, poiché ci dichiararono altamente che non volevano neppure un mezzo centesimo. (2) E sta bene, i tempi sono cambiati, le gare spente, le divisioni sparite : in quel giorno i fratelli riconobbero i propri fratelli, e poteva esclamarsi : viva l'unione, viva il progresso ! Già tutto era pronto : scale, funi, canapi, lanterne, moccoli, mazzuoli, punte, zapponi ; e gli uomini con tutti gli arnesi sulle spalle erano già schierati lungo la strada come un treno in ordine di partenza. Non restava che dare il segno, e il solito fischio, che assordò per due ore la compagnia e ripercosse fino negli intimi recessi di quelle valli, dette ad intendere che era l'ora di partire. Avanti ! Avanti ! la comitiva si muove. Da Cardoso alla Tana, dalla Tana... A proposito, Francesco Bertacchi nella descrizione che ho rammentato in principio, dice che da Cardoso alla Tana ci si va benissimo perché si può fare quasi tutta a cavallo, come la fece lui, fino a un rivoletto d'acqua che è quella appunto che esce dalla Tana. Io che dovetti farla col cavallo di S. Francesco, so bene e meglio che la feci molto male. A vederla da Cardoso quella benedetta grotta sembra proprio di toccarla con un dito, pare che caschi addosso al Campanile, ma a suon di svolte, di giri e di rigiri non vien mai a fine. Fortuna che Don Carlo al Ponte all'Ania si era provveduto una bottiglia di Rinfresco, e un centellino di quella grazia di Dio di tanto in tanto pareva che operasse miracoli. Sudati e trafelati arrivammo finalmente al rivoletto. Ci siamo dissi, e non avevo sbagliato. Lasciata adunque la strada che conduce al Valico, nell'arrampicarmi su su per quello scogliaccio, le mie povere mani più di una volta ebbero a sentire le punture di quelle siepi, e voltatomi indietro ad un certo punto e veduto quello sprofondo che è di lassù alla Turrite, misericordia ! poco manco che mi pigliassero le vertigini. Ma non ci ripensiamo ; il peggio era fatto, il Colle della Nuda era già superato, eravamo alla Tana di Cascaltendine, cioè allora eravamo al muro che la rinchiude. Terminata la salita che è molto ripida, quantunque breve, si arriva ad un forte e ben grosso muro, il quale si estende da una parte all'altra del pezzo di monte fatto a seno entro di cui è incavata la spelonca. Quasi alla metà di questo muro si vedono le vestigia di una porta assai più grande, giacché a sinistra si osserva una spalletta inclinata al sud, che dimostra esservi stata fatta per dar luogo all'aprirsi della serratura che vi avranno collocata. Anzi da alcuni di quei luoghi circonvicini si asserisce che vi hanno veduto un ben grosso ganghero di ferro, che ora non c'è più. Il detto muro è in parte diroccato, e quello che oggi esiste è di un'altezza assai minore del piano dell'antro, ed è largo al basso metri 2,40 e più in alto si restringe a metri 1,80. La sua lunghezza è di metri 21,60 composto degli stessi sassi e rena della grotta. Per arrivare al piano della spelonca convien passare a mano destra sul detto muro, che in tal luogo è poco alto da terra secondando la salita. Dipoi si trovano pochi scalini formati dai filoni della pietra dell'istesso monte, saliti i quali, si giunge al piano dell'antro. Che bel vedere ! La prospettiva che presenta la spelonca ha l'aspetto di una curva parabolica di una grandissima nicchia, entro la quale si apre una vastissima sala ; la quale però a mano sinistra, prendendo il monte una direzione più bassa, e lasciando alquanto la suddetta figura, la rende irregolare ed imperfetta. Questa nicchia termina colla sommità di una tal parte di monte, che è tutta contornata di lecci e la larghezza della sua base è quasi la stessa della lunghezza del muro già descritto. La pietra di cui è composto tutto il monte è calcarea, una specie di marmo, e sopra alcune di queste pietre fuori della spelonca si osserva la Dentrite, sopra altre poi nell'interno della medesima, dal quale in alcuni luoghi goccia dell'acqua, si è formata una stallattite, parte di qualità marmorosa bianca, e parte composta di spato. L'umidità poi ha prodotto su tutta la superficie una muffa bianca. Avendo esaminata la situazione della spelonca, si trovò dal Bertacchi che essa riguarda perfettamente il Sud-Est. La linea del Nord va a tagliare la parete della Grotta a mano destra dopo poche braccia dal suo ingresso. La linea del Sud termina obliquamente nelle pareti della curva parabolica, che rappresenta, come si è detto, l'esteriore della grotta dalla parte sinistra dove è un Caprifico, sopra di cui si vede un foro cavernoso. Questo foro non potuto esaminare dal Bertacchi per mancanza di scale, fu visitato da alcuni dei nostri, e l'Ingegnere Ferruccio Salvi me ne ha trasmesso la seguente descrizione. "Ha la sua etratura a destra della Caverna principale con un dislivello fra il piano del suolo di detta Caverna e quella principale di metri 12,00 circa. Occorre superare questo dislivello mediante una scala, rimanendo la pendice in cui si apre l'ingresso, presso che a picco e per conseguenza inaccessibile senza il sussidio della scala." All'imboccatura ha un'altezza di due metri e venti centimetri e una larghezza di un metro e ottanta, ma fatti appena otto metri, l'altezza si riduce a metri 0,90, per cui è necessario proseguire esaminando carponi fino alla distanza di metri 23 dal punto di entratura. La larghezza da metri 1,80 si riduce, alla distanza di 8 metri dalla bocca, a metri 1,50 e tale si mantiene fin presso l'estremo suddetto, ove si trova una larghezza di oltre 2 metri ed un'altezza di metri 1,60. È questo un buon punto di riposo, perché se non è permesso di rizzarsi totalmente in piedi, pure piegando leggermente la testa, è dato, a chi non è molto alto di statura, di distendere il dorso e drizzare le ginocchia. Dopo questa sosta a partire da tal punto la caverna si divide in due rami. Quello a destra di chi entra |