| Canzone di marzo Che torbida notte di marzo! Ma che mattinata tranquilla!
 che cielo pulito! che sfarzo
 di perle! Ogni stelo, una stilla
 che ride: sorriso che brilla
 su lunghe parole.
 Le serpi si sono destate
 col tuono che rimbombò primo
 Guizzavano, udendo l'estate,
 le verdi cicigne tra il timo;
 battevan la coda sul limo
 le biscie acquaiole.
 Ancor le fanciulle si sono
 destate, ma per un momento;
 pensarono serpi, a quel tuono;
 sognarono l'incantamento.
 In sogno gettavano al vento
 le loro pezzuole.
 Nell'aride bresche anco l'api
 si sono destate agli schiocchi.
 La vite gemeva dai capi,
 fremevano i gelsi nei nocchi.
 Ai lampi sbattevano gli occhi
 le prime viole.
 Han fatto, venendo dal mare,
 le rondini tristo viaggio.
 Ma ora, vedendo tremare
 sopr'ogni acquitrino il suo raggio,
 cinguettano in loro linguaggio,
 ch'è ciò che ci vuole.
 Sì, ciò che ci vuole. Le loro
 casine, qualcuna si sfalda,
 qualcuna è già rotta. Lavoro
 ci vuole, ed argilla più salda;
 perché ci stia comoda e calda
 la garrula prole.
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