punto né poco, dunque non l'ha ispezionata, disse il nostro Duce. Bisogna salirci, coraggio !

     Si !... È presto detto ! ma chi ci si arrampica su per quegli scogli ? Si provarono tutti, ma si rivoltarono ben presto. Non c'è la peggio però che avere un ardente desiderio, per soddisfare il quale talvolta si disprezzano i pericoli con rischio di sacrificare anche la vita.

     Ebbene non dovremo dunque penetrare più in là ? Fin qui son capaci a passarci tutti i citrulli. Bisogna salir lassù, ripeteva il Duce, chi ha coraggio mi segua ! E lui ed io ci staccammo dal resto della compagnia e rampicando tra scoglio e scoglio salimmo al primo soffitto. Incoraggiati dall'esito felice montammo al secondo, al terzo, avanzandoci un bel tratto in alto senza ben considerare dove andavamo a finire. Quei grandi cornicioni, li chiamerò così, formano quasi brevi corsie che hanno un aspetto tutto particolare. Quali terminano in rozze buche, quali presentano una piccola celletta quasi quadrata, quali rotonda, e i più quasi cadenti e in rovina. Tutte le pareti sono contornate di bellissimi stallattiti, ed in un punto segnatamente si vedeva una specie di nicchia figurata che l'avresti detta un fonte di grottesco.  Tutto era bello a vedersi all'infuori di una cosa soltanto, ed era quello sprofondo che al lontano chiarore dei lumi vedevamo sotto di noi e che pure dovevamo scendere. Allora sparì il fantastico e subentrò il reale, che cominciò a metterci in seria considerazione. Se per disgrazia ci sdrucciolava un piede, se ci scappava una mano, se una di quelle sporgenze si fosse rotta, tutto sarebbe finito per noi senza misericordia. La vita, le speranze, l'avvenire sarebbero rimaste sepolte col corpo sfracellato entro quell'orrido antro, e ci fu un momento che avrebbe tremato anche il più coraggioso.

     Quelle mensole, quelle sporgenze che tanto avevano contribuito alla nostra salita, sembrava che ad un tratto fossero tutte sparite. Né solamente non si rivedevano più queste, ma neppure si raccapezava la strada che avevamo fatto ; di lassù tutto era cambiato, ed alla vista non si affacciava che un'immensità di pericoli senza vedere la possibilità di superarli. Pure era d'uopo provare : tentammo d'incoraggiarci a vicenda, ma le parole ci mancarono, ci voleva altro che parole ! Le mani, le gambe, il groppone eran tutti in moto, ed ora a gambe spalancate da un canto all'altro, ora raccomandati alle sole braccia, ora a sedere sopra una prominenza, ed ora puntando, mani, gambe e vita, giù giù, non so neppur io se per miracolo o come, arrivammo in fondo. Gli amici che ci videro alquanto sparuti ci furono tutti d'intorno per rallegrarsi con noi.

     Lettore, se ti pigliasse la voglia di salir lassù, armati davvero di una buona dose di coraggio, i nostri compagni, a memoria di quella paura, la chiamarono = La Grotta dello Spavento =.

     Ci rivoltammo dopo aver camminato nelle viscere di questo cavernoso monte per ben 75 metri, e tornammo a godere la luce della vasta sala. Non rimaneva altro da vedere, e mi sapeva male di ritornare a casa senza portare con me un ricordo della Tana di Cascaltendine. Presi adunque uno zappone e mi misi a scavare per vedere se la fortuna mi avesse aiutato, e di fatto dopo aver scavato forse due palmi di terra, mi vidi comparire dinanzi agli occhi un coso nero... lo presi, lo guardai, era un ... Osso !

     Il nostro Diori ci fece sopra le matte risate, e forse avrà avuto anche ragione. A me invece parve che la fortuna mi avesse aiutato assai, e me lo tenni caro. Non so ancora che cosa sia, io non posso deciderlo, ma ha certamente la figura di un osso umano, e qualche cosa potrà forse dire in seguito.

     L'ingresso della spelonca, scrive il Bertacchi, se sia veramente dilatato ad arte, non è facil cosa il deciderlo, come pure non può asserirsi che vi si osservino i segni delle punte e del mazzuolo, non potendo supporre per taluni incavi che si veggono in quei sassi, i quali piuttosto che a vestigi di punta e di mazzuolo si devono attribuire al ghiaccio. È da notare ancora che se avessero voluto dilatare questa spelonca, non avrebbero avuto bisogno di punte o di mazzuolo, giacché la qualità della pietra di cui è composta, è tale che facilmente ponendo a leva con pali di ferro e altri simili strumenti quei diversi strati orizzontali di cui è formata, ne avrebbero disfatti dei massi assai grossi, e questo è il principal motivo per cui resta indeciso se con arte sia stato reso più vasto l'ingresso dell'antro, o piuttosto l'ingiurie dei tempi l'abbiano così allargato come in oggi si vide.

     Resterebbe a indagare di quale uso potesse essere stata questa grotta, ma ciò è incerto e dubbioso. Volendo far delle congetture si potrebbe dire, che atteso l'essere situata poco lungi da una piccola e angustissima strada, che dalla parte opposta ha per confine un orrido precipizio, e il vederla rinchiusa da un grosso muro, potesse essere servita anticamente da fortilizio per difendere quell'angusto passo, per cui si va al vicino castello di Valico, superato il quale facil cosa era l'invadere una parte della Garfagnana.

     Su tale opinione del Bertacchi nessuno della comitiva trovò che ridire. Piuttosto la difficoltà più seria, promossa dall'Avv. Magri, era quella di definire a quale epoca potesse risalire l'edificazione di quel grosso muro, il quale veramente, osservato così ad occhio nudo, sembrerebbe del tutto medio evale, e il suo calcistrutto, e la sua forma lo mostrano poco dissimile dalle mura di Barga e dei Castelli circonvicini, che certamente non risalgono a tempi anteriori. Il Targioni Tozzetti però che ha ispezionato questo monte ed anche questa spelonca, dice di avere osservato sotterranei e residui di antiche muraglia (Tom. 5 pag. 229) le quali il Pacchi, senza verun bisogno di ricorrere ai tempi del Liguri Apuani, crede che siano con tutta probabilità gli avanzi dell'antico forte che ivi esisteva, o fabbrica di spedale ivi fatto posteriormente. (Pacchi D :ss. XIX).

     Non sappiamo se i sotterranei di cui parla il Targioni, sia questo od altri sotterranei esistenti in questo monte (4), come pure se le antiche muraglia si riferiscano a questa, o ad altre località.

     Ben sappiamo però che erra il Pacchi ed anche il Targioni quando asseriscono che il Castello e la fortezza di Gragno siano state nel Monte di Gragno, poiché erano poste in tutt'altro luogo.

     Nondimeno non può negarsi l'importanza di questo monte, e quando si voglia risalire a tempi più antichi, sembra sufficientemente provato che i Liguri Apuani abitassero questo monte, e fosse in quella regione ove forse ebbero a sostenere le maggiori battaglie (Vedi Micali). Quando ciò fosse, non avrei a dubitare che le spelonche grandi e maestose ivi esistenti non avessero servito loro di rifugio e le avessero ridotte altrettante fortezze, sapendo che i Liguri a preferenza sceglievano per la loro sicurezza i luoghi più aspri e inaccessibili. Ma se questo resta dubbioso, al vederla rinchiusa da un muro, così vasto e così forte, può dirsi con tutta certezza che in qualche tempo abbia servito di chiusa e di refugio a quei popoli, poiché non si trova ragione plausibile da pensare diversamente.

     La ispezione delle altre due caverne esistenti in questo monte, come già abbiamo avvertito, forse ci potranno mettere al chiaro di qualche cosa di più preciso. Ma ciò sarà quando avremo la possibilità di vederle. Intanto se le nostre osservazioni potessero somministrare qualche lume a coloro che studiano in simili materie, e per opera nostra s'invogliassero di visitarle, ci dichiareremmo fin d'ora contenti, convinti che faranno meglio di quello che non abbiamo saputo far noi.     

         

Note :

  1. Racconta questo fatto l'Accademico Bertini nelle sue Dissertazioni di Storia Ecclesiastica di Lucca. (Tom. 4 pag. 330)

  2. Qui ci piace ringraziare pubblicamente i tre fratelli Vannucci e il Bernardi dei tanti servigi che ci prestarono in questa circostanza.

  3. Rinolophus ferrum equinum Blasius. Rinofolo che ha il capo crestato. È voce derivata dal Greco.

  4. Due altre spelonche esistono nel Monte di Gragno sopra il Fosso di Bolognana, la seconda delle quali fu visitata da alcuni dei nostri e segnatamente dall'Ingegnere Ferruccio Salvi, che ne fece anche il bozzetto planimetrico che gentilmente mi ha trasmesso insieme ai due bozzetti di questo opuscolo, ma ne pubblicheremo la descrizione nella prossima futura stagione estiva per darle complete ambedue.                                               Back to index