OSTERIA DEL CINQUE

Via della Speranza N. 2

e Via XX Settembre N. 48

Questo fabbricato era uno dei più antichi e rinomati Alberghi specialmente per gli abitanti dell'Emilia (Lombardi) che facevano commercio con Barga, come per quei braccianti che di qui transitavano per recarsi nell'inverno in Maremma o Corsica in cerca di lavoro.

In oggi questa osteria conserva il nome quantunque in parte sia destinata pel commercio dagli eredi di Pietro Marchetti che fu il proprietario morto nel 1881.


PORTA MACCHIAIA


Questa porta ebbe due nomi ; Porta Ratria o piuttosto Latria e Porta Macchiaia. Latria perché conduceva in Latriani, Macchiaia perché conduceva alla macchia faggiatica del nostro Appennino.

Nel 1437 fu abbattuta e smantellata con tutta la lunghezza delle mura castellane che da questa parte cingono il Paese fino a Porta di Borgo dalle truppe Milanesi e Lucchesi Comandate dal prode Capitano Niccolò Piccinino e dai valenti Capitani Cristoforo da Ravello e Luigi da Verme che d'avanti a detta porta furono rotti con gran perdita delle loro soldatesche, e col lasciare prigioniero Lodovico de Zohane Francesco Marchese di Mantova, che militavano sotto il detto Piccinino (24).

Giovanni Simonetta nel libro IV° Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium Ducis : così descrive questa battaglia.

Nell'anno 1437 il Piccinino esortato e pregato caldamente dai Lucchesi, si accinge ad espugnare Barga, avendo condotte colà le sue milizie durante l'inverno. Barga già da un pezzo per un antico diritto, era stata sotto il dominio di Lucca, ma da non molto tempo l'avevano occupata i Fiorentini, che la tenevano con grosso presidio.

Né invero il Piccinino nutriva piccola speranza di espugnar quanto prima quel castello, perché erasi accorto esser difficilissimo ai Fiorentini portargli aiuto attraverso a monti boscosi e scoscesi. Al contrario poi egli riceverebbe in gran copia vettovaglie e foraggi senza pericolo e senza fatica dalla campagna di Lucca.

Ma i Fiorentini, essendo Barga in così gran rischio, temevano molto per se medesimi se non l'avessero soccorsa.

Pertanto affinché tutti vedessero niente altro più stare a cuore ai Fiorentini quanto la salvezza e dignità degli alleati, comandarono a Francesco Sforza, che provegga tosto con ogni studio alla salvezza di Barga. Avendo egli stabilito di obbedire meglio che per lui si potesse a quell'ordine, senza metter tempo in mezzo, manda alla volta di Barga Neri di Gino Capponi con tre Capitani di Cavalleria espertissimi dell'arte militare, Niccolò Pisano Pietro, Bruscori et Zarpelli con 2700 soldati, la maggior parte di Fanteria, che egli credeva più specialmente adatti a quella guerra.

Ma il Piccinino, saputo del loro arrivo e confidando delle proprie forze, stabilì di aspettare l'assalto, senza interrompere l'assedio. Gli sforzeschi, pervenuti a quel castello (Sommocolonia) che sovrasta Barga, ordina la schiera, si affrettano con un lungo giro ad occupare il monte che domina Barga, e superati i colli, e cacciati di lì i nemici sul far del giorno ; giungono presso il Castello. Né i Bracceschi, i quali esortandoli il Piccinino, già si erano preparati alla pugna, con meno ardore stavano dinanzi alla porta, pronti a sostenere l'impeto dei nemici. Ma gli sforzeschi, cresciuti di numero essendosi loro uniti i Barghigiani, (25) con grande ardore, spalancate tosto le porte e da ogni parte levando altissime grida con tanta forza e tanta furia si avventano dall'alto contro i nemici che il Piccinino non poté reggere in niun modo al loro urto. I nemici volti in fuga si sbandarono dappertutto, non solamente con grandissimo disonore, ma anche con loro danno, avendo perduto parecchi cavalli e cannoni e quasi tutti i bagagli (26).



Questa porta fu sollecitamente riedificata e data in custodia ad un Ca

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