Fernando Graziano nasce a Padova nel 1946, dove vive ed opera.
Autodidatta, si propone con le prime partecipazioni a mostre
collettive e concorsi, già dal 1974.
In seguito allestisce numerose mostre personali in Italia ed
all’estero, consolidando la sua carriera artistica, con
ottimo riscontro da parte di pubblico, critica e stampa.
Hanno parlato di lui, infatti numerose riviste specializzate,
stampa locale, nazionale ed internazionale.
Le sue opere si trovano presso collezioni private e pubbliche
in Italia, Spagna e Belgio.
INDICE DELLE RECENSIONI PRESENTATE
(cliccare sui titoli per accedere direttamente al contenuto):
- La critica di Renato Lamperini
- La critica di Italo Marucci
- La critica di Monica Lazzaretto
- La critica di Silvana Romanin Jacur
- La critica di Francois Matthieu
- L’articolo di Justine Cooper
- La critica di Lodovico Geirut
- La critica di Lucio Favaron
Dalla rivista "ARTE ITALIA "
PERUGIA, settembre 1988
Il corredo linguistico, -il segno,la luce,il volume- sostiene
agevolmente il sentimento evocativo di certe ambientazioni
di epoche lontane.In effetti l’artista sembra attratto
più dalla contemplazione che dalla "ragione pratica",favorendo
,così, il confluire della scienza costruttiva a sostegno
della memoria emozionale,ossia,l'assunzione pittorica diviene
una specie di metafora delle memoria che sottolinea la ricchezza
dei ricordi,sorprendendo per la vivezza dinamica dei personaggi
e delle loro ambientazioni.
In questi piani temporali,trova origine la struttura fluida
quasi pastellata,che sostiene lo scorrere delle immagini e
dello stesso spazio con accorgimenti corposi ma delicati,decisi
ma velati.
Un operato artistico validissimo,che meriterebbe una lunga
trattazione critica,spazio permettendo.
L'artista vive ed opera a Padova e ha partecipato,con successo,
a numerose manifestazioni nazionali qualificate.
Renato Lamperini
Recensione per la mostra collettiva: “PERUGIA
NELLA STORIA E NELL’ARTE
CONTEMPORANEA” - La trasparenza interiore della luce
PERUGIA, luglio 1989
Di fronte a un quadro di Graziano si è soprattutto
sorpresi da 1uel suo tenue cromatismo, da quel taglio disegnativo
particolare.
Graziano Fernando credo che sia sempre rimasto fedele alla
sua intima visione, tanto che le nuove espressioni visive subiscono
una metamorfosi, e nelle sue immagini diventano pure espressioni
:i colori e luce. La luce non è nei quadri di Fernando
solo una luce fisica,esterna ma l'espressione di una luce interiore
che illumina la sua visione poetica.
Fernando Graziano costruisce il quadro non partendo dal concetto
di copiare la natura, bensì riguardando il dato fisico
offertogli dalle apparenze di un mondo sensibile interiore,
secondo il quale il colore dominante si articola aritmicamente
secondo norme compositive dettate dall'armonia esistente fra
i vari toni e le diverse tinte: il colore esprime insieme un'emozione
e determina il decorativismo dell'opera, mentre il segno colore
scandisce ed esalta i ritmi cromatici del colore. Nonostante
i valori emotivi, profondamente sentiti, l'opera di Fernando è anche
frutto di un deciso processo mentale e di un meticoloso uso
del colore.
Come ogni buon manufatto artistico, esso esige da noi il nostro
pieno sforzo emotivo e le ricchezza intellettuale per captare
delle sue idee, la sua sottile iconografia; per godere della
vasta gamma della sua tavolozza, così tesa nel tentativo
di esprimere la trascendenza della luce, e la pura armonia
della composizione coloristica.
Nelle sue figure Fernando cerca i rapporti tonali, scanditi
attraverso una sapiente gradualità coloristica; la solita
struttura e l'impostazione di ogni sua opera, conferiscono
ai quadri un ritmo musicale ed un soffio di poesia. Nei suoi
quadri non vi è nulla di sentimentale ed i più ardui
problemi plastici connessi alla creazione vengono risolti con
l'abilità di un vecchio maestro;
il suo pennello fa rivivere tutto ciò che ritrae, modellando
il colore mediante i più puri accenti tonali;lo rende
- conviene ripeterlo - estremamente attuale, trasformando l'impressione
in realtà, in immagine definitiva. Lo stile di Graziano
Fernando ha una gamma di toni, una forza di sintesi, una profondità di
prospettive che stretto ambito della figurazione, specialmente
nella figura alla quale, mi preme, sottolinearlo, conferisce
un carattere quanto mai originale e inconfondibile.
Italo Marucci
Recensione per la mostra personale organizzata con il patrocinio
del
COMUNE DI ABANO TERME – Padova -
ABANO TERME, 10 ottobre 1990
Un'umanità senza volto e senza ombra abita
le tele di Graziano. Certamente fantasmi, queste figure vivono
in spazi inquietanti, costruiti con enigmatiche geometrie o
con un'attenta giustapposizione di oggetti e di piani obliqui.
Il corredo linguistico di questo pittore sembra formarsi all'ombra
di due grandi movimenti dell'arte italiana: la Metafisica e
il Novecento che ispirano a Graziano contenuti e soluzioni
formali. Le sue tele rivelano infatti una naturale abilità nel
coniugare la struttura compositiva del quadro ed il colore;
un attento studio plastico delle forme accompagna infatti ad
una meticolosa ricerca tonale. Il pittore ottiene dalla sua
tavolozza un pastello luminoso diafano, velato che sottolinea
ancor di più l'irrealtà della scena. Nel suo
mondo di calma apparente il tempo e' sospeso, lo spazio e'
quello evocato dalla memoria il pittore medita in religioso
silenzio:
il manichino e il fantoccio si rivelano come segnali, condensazioni
di impossibili soluzioni dell'essere proiezioni di un io profondo
che cerca risposte e con essere la propria identità di
uomo.
Monica Lazzaretto
Recensione per la mostra personale presso il
CENTRO DI CULTURA E SPIRITUALITÀ DI FRÀ BENEDETTO
SILLICO (Lucca), 14 settembre 1991
Non si può non essere piacevolmente colpiti
dalla pittura di Graziano, dalla sua naturale abilità nel
coniugare un attento studio plastico con una sofisticata ricerca
cromatica.
Il pittore predilige forme elementari, essenziali, pulite,
sulle quali stende un colore luminoso, ma velato, immerge figure
e cose in un'atmosfera irreale che risente dell'eco lontana
di un importante movimento pittorico del Novecento: la Metafisica.
Nel suo repertorio di immagini ve n'è una particolarmente
amata che ritorna nei suoi quadri: il manichino. Finta presenta,
figura mentale prima che umana, questo manichino manca di una
vera consistenza fisica; non ha volto e nemmeno possiede l'ombra
che segna gli umani. Diviene così per Graziano un segnale
enigmatico, il simbolo di una realtà interiore, di un
io profondo alla ricerca di una propria identità. Quest'uomo
senza volto resta aperto a tutte le possibili fisionomie alle
diverse soluzioni da dare all'essere e al suo precario esistere.
Nei manichini di Graziano si assiste ad una condensazione di
significato: questa figura assume infatti un'ulteriore valenza
simbolica quando si identifica espressamente con il pittore
che, pennello e tavolozza alla mano, siede assorto, scruta,
attende .....
E' il pittore che riflette sul suo fare artistico e cerca di
definire il proprio corredo linguistico.
Fanno spesso da scenario solenni architetture gotiche, geometrie
irreali, proiezioni della mente che costituiscono interni inquietanti
con aperture e scorci che disorientano.
Siamo di fronte alla sperimentazione di un ordine prospettico
decisamente soggettivo che gioca sulla contrapposizione di
spazi aperti e chiusi, sulla creazione di piani obliqui con
finestre aperte e l'inserimento di quadri nel quadro che rinviano
a nuove soluzioni dimensionali. E spesso accade, osservando
i quadri di Graziano, che il suo uomo senza volto paradossalmente
mi fissi e mi inviti al silenzio, quasi a suggerirmi che la
creatività e l'emozione estetica hanno sempre una sfumatura
in più che le nostre parole non sanno tradurre.
Monica Lazzaretto
Recensione per la mostra personale presso il
CENTRO DI CULTURA E SPIRITUALITÀ DI FRÀ BENEDETTO
SILLICO (Lucca), 14 maggio 1993
"Gli uomini di genio,allorquando vogliono
guardare profondamente entro questo mondo,devono sporgersi
come prigionieri alle sbarre della finestra alta, affannarsi,
affaticarsi e mettere grandemente in moto tutti i complicati
ingranaggi del pensiero e della fantasia". La pittura
di Nando può richiamare alla mente questa riflessione
che Giorgio de Chirico fece in "Il meccanismo del pensiero" tentando
di spiegare la tensione estetica che genera la creazione artistica.
E non e' un caso se il corredo linguistico di questo pittore
padovano sembra formarsi all'ombra di questo grande genio dell'avanguardia
del novecento e del movimento pittorico del quale fu iniziatore:la
Metafisica. La pittura di Nando infatti si affaccia tutta alla "finestra
alta", oggetto della sua ricerca è ciò che
anima la realtà più profonda, accessibile solo
a pochi iniziati. I fantasmi del suo pensiero e della sua fantasia
prendono forma nei suoi tipici manichini o uomini senza volto,
personaggi misteriosi, unici abitanti di un mondo "altro" che
esiste al di là della finestra e delle sue sbarre.
Le sue figure raccontano una storia enigmatica e impenetrabile
e tessono tra di loro muti rapporti in un'ambientazione certo
meno celebrale di quella
dechirichiana ma che risulta comunque lontana sospesa. Non è dato
sapere di più. si può solo interpretare, e tentare
di cogliere e decifrare simboli e segni nascosti, segnali che
spesso condensano un significato ermetico.
Le tele di questo pittore presentano un'ambientazione quasi
surreale: le prospettive hanno la capacità di strutturare
perfettamente lo spazio del dipinto secondo un ordine percettivo
spesso impeccabile ma spaesante. La realtà presentata
sembra essere in bilico: l'insicurezza di chi osserva questi
dipinti è aumentata dalla presenza di diagonali azzardate,
contrapposizioni severe di spazi aperti e chiusi, scorci spesso
incorniciati da finestre o da "quadri nel quadro" posti
su un cavalletto che aprono e rinviano a nuovi ulteriori "sfondamenti" nel
dipinto.
Nando dimostra poi di essere molto attento al "fare" pittorico,
in alcuni quadri infatti il soggetto vero del suo dipinto risulta
essere la pittura stessa intesa come ritrovata maestria. In
queste opere viene così affermato il primato del mezzo
artistico attraverso una continua sperimentazione di materiali
nuovi: cementite, graffiato, vernici e polveri dorate. Solitamente
si tratta di materiali poveri, artigianali che sulla tela permettono
a Nando di ottenere effetti cromatici e materici di indubbio
interesse che premiano la sua raffinata ricerca della corretta
gradazione luminosa e del giusto tono cromatico.
Scorci e piani obliqui spaesanti, colore pastellato spesso,
una luminosità diafana e velata, fanno da scenario,
e ben si accordano, con il protagonista solitario delle tele
di questo pittore: il suo uomo senza volto. Questo manichino
a volte veste i panni del pittore stesso, a volte quelli del
vate moderno e sembra aver stretto un compromesso con il mondo;
oracolo colto nel momento silenzioso dell'ascolto, sembra quasi
disposto a svelare i segreti profondi dell'esistere, in procinto
di dare la risposta tanto attesa e risolutrice.
Questo uomo senza volto si rivela così carico di promesse
per la vita, di possibilità aperte e accessibili non
solo agli dei e agli eroi di mitica memoria ma anche, e semplicemente,
agli uomini.
Monica Lazzaretto
Recensione per la mostra personale presso la
GALLERIA “IL SIGILLO” – UNIVERSITÀ POPOLARE
DI PADOVA
Padova, ottobre 1994
Un richiamo inatteso, di là dal tempo,
giunge da Fernando Graziano, pittore silenzioso, attento oggi
a un messaggio metafisico aleggiante attorno ai primi decenni
del novecento dalle tele di De Chirico, di Carrà, del
primo Sironi, di Savinio.
Momento di mistero sospeso nel vuoto magico delle piazze arcate,
sopra i manichini senza volto, fra i binari incrociati nella
notte: tempo di suggestione e di attesa perduta, richiamata
dal nulla. La pittura di Graziano vive di evocazione, vive
di personaggi senza volto, apparizioni imprevedibili, passate
nell’ombra di un istante, da un mondo immemoriale, alla
realtà contingente.
Una sensazione di instabilità costante sposta le immagini
nell’ambito di un surrealismo onirico a noi vicino, pur
mantenendo un linguaggio di primo novecento, che si lega anche
al decorativismo Klimntiano: il personaggio, presenza al confine
della realtà, emerge dal disegno sbiadito della carta
o dal gioco delle pietre della parete e di lì racconta
una storia ormai cancellata, fra essere e non essere.
Interessante il gioco geometrico-spaziale che si propone come
ragione e insieme come corollario dell’evocazione, sottolineandone
l’ambiguità, allargata puntigliosamente a ogni
particolare.
Interessante ed inconsueta, infine, la posizione stessa dell’artista,
che opera nel solco di un passato quasi dimenticato e lo rende
attuale o meglio lo enuclea dal tempo per una sottile ed assai
rara percezione esoterica, dominante e valida di là da
ogni connotazione stilistica.
Silvana Weiller Romanin Jacur
Recensione per la mostra personale a
SANTA CRUZ DI TENERIFE – Isole Canarie, Spagna -
Los Cristianos, ottobre 1995
Si può accettare come sintesi di ricerca
permanente sull'espressione pittorica la frase del Cezanne
del 1904: "Ogni cosa nella natura può essere ridotta
al cilindro e al cono". Personalmente riconosco in questa
affermazione la fonte più limpida e manifesta di una
concezione nuova della pittura, direttamente introduttiva alla
pittura moderna, astrattismo puro escluso e solo per la sua
espressione quasi immediata e in ogni caso la pittura. esplosiva
e la pittura rumorosa: il Cubismo.
Se un giorno si dovesse ricollegare Fernando Graziano agli
antecedenti diretti della sua pittura, in una storia della
pittura italiana del 900, e' a un quadro di Picasso, "Les
Demoiselles d'Avynio" (Carrer di Barcellona), diventato
per ignoranza "Les demoiselles d'Avignon", che si
dovrebbe risalire; anche e il nostro non trae ispirazione da
nessuno. Invero ci sono dei geni atavici che percorrono tutta
la storia dell'arte e, di tempo in tempo, riaffiorano per dare
forma a un'ispirazione creatrice originale.
Si dovrebbe aggiungere subito che Fernando Graziano bracca
realmente le figure e gli oggetti ma senza mai polverizzarli,
senza mai togliere loro lo spazio colorato della loro propria
personalità.
Non c'e in lui, come nei Cubisti, una critica deliberata dalla
ragione, ma piuttosto un sogno a occhi aperti in cui dei fantasmi
di storia s'appostano e scoprono parte del loro mistero; e "l'incoerenza
del sogno o quella di un racconto sospeso a meta" per
dirla come Antonina Vallentin: e' la magia del pittore. Certo
se l'arte del nostro pittore è di matrice internazionale,
l'espressione pittorica matrice cubista, a lui familiare è tipicamente
italiana, e nelle sue scelte formali ci rimanda alla pittura
metafisica del Carrà, del De Chirico e del Morandi.
Occorre però prendere le distanze dai grandi esempi
della pittura metafisica: se i Metafisici, contrariamente ai
Cubisti, hanno recuperato il colore e abbandonato la loro rabbia
e violenza rivoluzionaria, ai Metafisici Graziano aggiunge
la selenita e li introduce nella quotidianità
Non troveremo mai nella sua pittura questa noia snob, questa
melanconica borghese alla quale non scappa sempre Giorgio De
Chirico per esempio, con il suo mondo di statue spaesate che
vivono il loro sogno di pietra, specie di campioni di storia
pietrificati sotto la luna.
Alla eterogeneità delle culture semplicemente accostate,
Fernando sostituisce l’ unità della vita in una
molteplicità di situazioni semplici lette in contesti
storici diversi.
Ma è vero certo che, come nei Metafisici, gli organi
di senso, particolarmente gli occhi ( però che cosa
erano diventati per i Cubisti?), spariscono; o più esattamente
nella forza interiore delle forme semplificate, alcune sottolineate,
privilegiate, altre appena accennate, che però vivevano
all’ occhio attento o all’ animo in ascolto il
messaggio di una vita che l’ istante raccoglie, decodifica!
Davanti a noi il quadro crea ogni volta la sua propria attualità,
ma in Graziano questo avviene senza che una concessione più intellettuale
che visiva alteri il quadro.
Rifiutandosi alla freddezza del puro intelletto, scoglio permanente
dei Metafisici, Fernando ci apre alla profondità dei
sensi spirituali ed a una percezione mistica dell’ esistenza.
In lui, calmo, sereno, solare, il sentimento trasuda da ogni
punto della tela. Non incontriamo contrasti violenti, brutalità di
tocco; nessun lirismo: è l'anima pacifica del tempo
che invade gli esseri l'abitano.
Non vediamo manichini o automi ma delle persone vive, degli
oggetti animati, ognuno proposto senza alcun narcisismo; tanto
che, per illustrare questo mondo dei "manichini" di
Graziano, di oggetti insoliti, rimanderei piuttosto alla serie
di disegni "Le bizzarrie" del Bracelli (1624 -1649),
mirabilmente analizzati da Tzara, dove l'umorismo esercitato
sulle forme, cui il corpo umano e' sempre percorso e invaso
dai sentimenti. E' la stessa sensibilità, tradotta in
questo tocco di surrealismo, che e' espressa spesso nei quadri
di Graziano. Per concludere questa breve e manifestamente lacunare
presentazione, sottolineerò che Graziano ha scelto una
materia pitturale tutta sua che rammenta l'affresco.
E' l'essenziale ricordo di quanto si pur risentire dopo una
vista alla Cappella degli Scrovegni, o di quanto rimane del
Mantegna nella Chiesa degli Eremitani, o di una giornata a
Ravenna, ricordo tradotto con risorgive in un quadro fissando
un momento della vita, come per incantesimo, ma per l'eternità.
Francois Matthieu
Dall’articolo sulla mostra personale a
SANTA CRUZ DI TENERIFE
Isole Canarie – Spagna -
“HOLIDAY GAZETE” -
“ Celebrated artist moves to the Canaries”
Los Cristianos, ottobre 1995
Questo mese ci avviciniamo all'isola di Tenerife
per dare uno sguardo alle opere di Fernando Graziano, uno degli
artisti contemporanei italiani molto apprezzati. Graziano Fernando
ebbe numerose esposizioni di successo in Italia ed è stato
sempre celebrato da importanti riviste da critici d'arte. Essenzialmente
la pittura di Fernando Graziano ricorda sia l'Arte Metafisica
Italiana, che l'Arte Italiana dell'inizio del secolo. Se si
dà una prima occhiata ai suoi quadri non si può non
notare l'armonioso equilibrio dei colori. Da una parte questi
sono estremamente sottili, delicati, dall'altra essi sono pieni
di vitalità.
Non ci sono né troppo espressivi, né intricati
tratti di pennello, il che ovviamente aiuta la fluidità delle
opere, ma crea anche un certo senso di inquietudine. In altre
parole le opere di Fernando sembrano cogliere una quasi sospesa
forza vitale. L'uso della luce è importante tanto quanto
l'uso del colore e aggiunge ancora un'altra dimensione all'opera
dell'artista.
Come Italo Marucci ha scritto per la recensione della mostra "Perugia
nella storia e nell'arte contemporanea"la luce nei quadri
di Graziano non è solo l'espressione di una profonda
propria visione poetica una luce esteriore e fisica, ma chiarezza
che illumina la sua visione poetica.
Anche se qualcuno può trovare inizialmente la visione
dell'artista un po' oscura, la combinazione di armonia, di
equilibrio e di un sentimento di un tempo sospeso in qualche
luogo sconosciuto crea un'energia emozionale con la quale chi
osserva l'opera può facilmente interagire con essa.
Renato Lamperini, direttore della rivista Arte Italia accuratamente
descrive questo sentimento emotivo: "La forma, il colore,
la luce, l'intera opera, supporta i sentimenti evocativi di
un tempo passato".
Un altro aspetto importante dell'opera di Fernando è l'immagine
di un'umanità senza volto (uomini e donne privi di alcuna
caratteristica o espressione facciale) i vivi, ma quasi intrappolati
nel pensiero.
Come Monica Lazzaretto ha scritto per la recensione della mostra
Abano Terme "l'artista medita in religioso silenzio: il
manichino ed il fantoccio si rivelano come segnali, dell'essere,
proiezioni condensazioni di impossibili soluzioni di un io
profondo che cerca risposte e con esse la propria identità di
uomo" .
Tenendo a mente tutti questi fattori, Fernando Graziano non è solo
un artista eccezionale, creando "arte per arte",
egli è affascinato dal riuscire a stimolare l'inconscio
della psiche, che è intrappolato, nella realtà.
Justin Cooper
La recensione di Lodovico Gierut
Marina di Pietrasanta (Lucca), settembre 1996
Due recenti presenze di Fernando Graziano in
Toscana con esattezza a Borgo a Mozzano e a Sillico in Lucchesia,
mi hanno dato l’opportunità di approfondire non
solo la sua conoscenza iniziata alcuni anni fa proprio al Centro
Internazionale di Cultura e Spiritualità Frá Benedetto
a Sillico di Pieve Fosciana, ma anche l’analisi del suo
dipingere, il quale giustamente non si discosta e va di pari
passo con il suo stile di vita.
Credo che per presentare un artista, non è che siano
necessarie molte parole, giacché il contenuto di quel
che fa va direttamente al cospetto del pubblico che nel contempo è il
più severo critico e il meno partigiano. In sintesi,
penso che sia il “tempo” il motivo guida della
sua pittura: un discorrere pacato che non concede spazio al
clamore, inserendosi nelle maglie creative di un gusto cromatico
raffinato, ottimamente sorretto da una composizione grafica
mirata all’essenziale (che mai cade nel tranello degli
orpelli e dell’eccesso retorico. È interessante
osservare la varietà delle tematiche affrontate con
infinito amore e bravura tecnica: l’archetipo che insiste
sulle tavole e sulle tele, è materialmente la stesura
medesima del colore ad olio lavorato in maniera tale da sembrare
affresco, il quale di sposta da specie di modulo di fondo,
con due toni, due abbinamenti cioè, tipo l’azzurro
e il rosa, il grigio e il celeste. Nel rettangolo magico, Graziano
inserisce i suoi equilibri compositivi che prendendo corpo
diventano figura, natura morta o paesaggio.Pure in un “vaso
con pesci”, uno dei quadri di recente esecuzione apprezzatissimi
da un pubblico scelto che ne segue le vicende artistiche nel
padovano come in Toscana, ma anche nelle uscite internazionali,
si ritrova la costante inclinazione del graffiato, vale adire
dell’intervento a secco realizzato dopo che il colore
si è decantato stesura dopo stesura.
Un intervento compiuto con un gesto personalissimo che facendo
riaffiorare chiarori e bagliori cromatici già inseriti,
rende la misura della sua sensibilità, come un ulteriore
prova di poesia che tratteggia lo scorrere di quel tempo da
me definito in precedenza.
Il suo viaggio nel tempo dell’oggi e di ieri, si colloca
semplicemente concentrandosi nelle emozioni ragionate che sfociano
attimo dopo attimo in una scolarità e chiarezza d’espressione
da gustare silenziosamente, se possibile negli ambienti più atti
alla riflessione ed alla spiritualità; la sua pittura
non è un fatto di gioco o di infatuazione, ma di severo
impegno creativo il quale può aprirci la finestra su
scoperte nuove in un mondo di oggetti e di persone.
“ Non incontriamo contrasti violenti, brutalità di tocco” scrive
Frá Benedetto, ed è anche in tali parole che troviamo la chiave
tramite cui leggere a andare al fondo incanalandoci nella comprensione totale:
delicatamente, quietamente ma con decisa maestria il pennello di Fernando Graziano
si incunea facendosi piega e stesura ampia nel colore che diventa contemplazione
di un mondo di cui l’Artista è parte attiva e indagatrice del visibile
e del non visibile, sentimento di un tempo che si realizza proponendo un meditato
colloquio fra la sua tela e coloro che le sono davanti.
La recensione di Lucio Favaron
Padova, 18/05/2002
Osservando con gli occhi dell’ introspezione
un suo dipinto dal titolo “Pensieri” mi sorge,
spontanea, una citazione del poeta tedesco Heinrich Heine (1797-1865
/ Reisebilder/ Lieder) “Che cos’e’ il piacere,
se non un dolore stranamente dolce?” Ecco, mi sembrano
adeguate queste parole per Fernando Graziano, perché in
lui si vive, si nota, si capisce che il suo modo di dipingere,
di proporre le sue immagini, è generato da una mirabile
fusione di sentimento e d’ironia.
E’ difficile, estremamente difficile, poter dire di più o
meglio di quanto gli interpreti della sua tematica artistica
e culturale hanno scritto di Lui. Non saprei, né vorrei
aggiungere encomio ed ammirazione ad una pittura che ora rimanda
ai Senesi, poi si rivolge ai metafisici, senza trascurare sprazzi
di cubismo ed infine approda ad una visione intima che trae
si ispirazione dai predecessori ( capto influssi da un Masaccio,
da un Piero Della Francesca, persino da Mantegna e di un De
Chirico maturo). Ma tant’è, Graziano è intimamente
ispirato, libero e autonomo da scuole e correnti, pur soggiacendo,
teoricamente ed attraverso un accostamento non obliato e operante
come presupposto, a ideali storicamente lontani nel tempo.
Egli non rappresenta mai l’ orgasmo motorio della lotta,
bensì la pazienza e la precisione, esibite come doti
naturali; lo indica, lo esprime, lo manifesta e ne sono la
prova gli sfondi su cui si stagliano e si amplificano figure
di un’ umanità universale che dicono: “Noi
siamo l’ immanenza, non siamo la transitorietà,
noi siamo rivolti al trascendente, oltre la materia sensibile”.
Messaggio medianico? Ognuno è libero d’interpretare
come vuole, resta il fatto, però che è impossibile
non restare inerti di fronte a scenari che esprimono una forte
spiritualità tale da annullare o reprimere immagini
di carnalità più supposta che evidente.
Quindi, nella fusione tra sentimento ed ironia trova anche
il “gusto” dell’arcano e la propensione alla
solitudine per cui ogni sua opera sembra debba ripetere le
antiche domande alle quali non sappiamo dare risposta: “Chi
siamo? Da dove veniamo? Qual’ è il nostro ruolo
effettivo (non apparente) nella Vita?”.
Osteria Angelio peek in at the people eating
in the osteria . What does a plate of farro look like ? The
Osteria Web Cam reveals all. ( in English,
Italiano)
Low Resolution Poetry
Tiziana Fontana is the only artist in Barga
using this almost invisble form of poetry ( In Italiano )
(read
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