Mezza Italia si è fermata oggi, 6 settembre, per lo sciopero generale indetto da CGIL (ma non condiviso dalle altre sigle sindacali) per contestare la manovra “lacrime e sangue” che il governo sta cercando di varare, stigmatizzando soprattutto il cosiddetto “articolo 8”, un punto della manovra finanziaria che renderebbe i licenziamenti più facili, permettendo ai datori di lavoro che licenziano senza giusta causa di liquidare i dipendenti con un indennizzo economico e non più al reintegro nel posto di lavoro.
Secondo i dati della CGIL il 60% dei lavoratori ha aderito alla chiamata nelle piazze, che sono risultate particolarmente gremite a Roma (dove era presente il segretario Susanna Camusso) e Torino, ma anche in molte altre città italiane.
Anche Lucca, (dove, come a Firenze e Prato, il sindaco non è sceso in piazza), si è riunito un lungo corteo che da in Piazza Santa Maria ha sfilato per la città fino a giungere in Piazza San Francesco per le 12.00, dove si è tenuto il comizio finale di Giampaolo Mati Segretario Generale CGIL Lucca.
Lavoratoti dipendenti, dipendenti pubblici, cassaintegrati ma anche pensionati, casalinghe e liberi cittadini hanno sfilato sotto le bandiere delle aziende, del sindacato o dei partiti politici (Sinistra Ecologia e Libertà, Partito Democratico e Italia dei Valori i più rappresentati) o senza nessuna appartenenza codificata con il solo intento di protestare verso una manovra che si abbatterà in modo drastico solo sulle categorie meno abbienti, sui lavoratori e sui consumatori medi.
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Presenti alla manifestazione di Lucca anche un nutrito gruppo di lavoratori aderenti alla Fiom, il sindacato che riunisce i metalmeccanici aderenti alla CGIL, tra cui un barghigiano che ci ha raccontato lo svolgersi della manifestazione:
A Lucca, come in tutta Italia, non solo i cortei hanno segnato la giornata, ma anche lo stop dei trasporti pubblici, con aerei, treni, pulmann, traghetti che si sono fermati per gran parte della giornata, così come i dipendenti Anas, gli autotrasportatori, i dipendenti autostradali, i poligrafici e molte altre categorie.
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Contro una manovra dai tratti “profondamente iniqui” e “aggravata” in queste ore da norme, come l’articolo 8 sui ‘licenziamenti facili’, “che hanno come scopo l’abolizione del contratto nazionale, dello Statuto dei lavoratori e dei diritti di questi ultimi”, la CGIL ha indetto per domani (martedì 6 settembre) lo sciopero generale di otto ore per ogni turno di lavoro e per tutte le categorie di lavoratori. Dietro la rivendicazione “un’altra manovra è possibile, dal segno diverso, pagata da chi più ha e non ha mai pagato”, il sindacato di corso d’Italia si prepara alla suo quinto sciopero generale nel corso di questa legislatura, il secondo per Susanna Camusso alla guida del più grande sindacato italiano, con oltre 100 manifestazioni in altrettante piazze d’Italia, con il segretario generale che chiuderà la manifestazione di Roma.
“Per cambiare la doppia iniqua manovra – spiega il sindacato -, per lo sviluppo del Paese, per difendere i diritti del lavoro, per battere i privilegi e per contribuire in misura delle proprie possibilità, per redistribuire equamente le risorse”, la CGIL proclama lo sciopero generale avanzando una serie di proposte che guardano alla crescita e all’occupazione, fatte di equità e di giustizia. Tra queste: un piano strutturale di lotta all’evasione fiscale e al sommerso; un’imposta straordinaria sui grandi immobili il cui valore patrimoniale, al netto dei mutui, superi la soglia degli 800mila euro con aliquota fissa dell’1% nel 2012 dal gettito potenziale di 12 miliardi di euro; un’imposta ordinaria sulle grandi ricchezze pagata solo sulla quota che eccede gli 800mila euro che porterebbe nelle casse dello stato circa 15 miliardi ogni anno.
Solo alcune delle proposte – insieme ad una ritassazione dei capitali ‘scudati’, ad una rimodulazione della tassa di successione e ai tagli ai costi della politica – che il sindacato avanza per mettere al sicuro non solo i conti ma per avviare un percorso di crescita. Con queste risorse recuperate, infatti, l’organizzazione guidata da Susanna Camusso si propone di costituire un fondo per la crescita e l’innovazione e investire circa 1 miliardo di euro ogni anno per un incentivo diretto all’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, insieme al sostegno dei redditi e dei consumi attraverso la riduzione strutturale del prelievo fiscale sui redditi da lavoro e da pensione.
Ma al centro della mobilitazione c’è anche la battaglia contro le scelte del governo che tagliano gli stanziamenti alle amministrazioni centrali, agli enti locali (e di riflesso ai servizi sociali), alla Sanità e al “vero e proprio accanimento” contro il lavoro pubblico. Incassata la vittoria sulla salvaguardia delle tredicesime nel pubblico impiego e le festività laiche e civili, mentre continua la raccolta di firme per la petizione arrivata ad oltre 72mila sottoscrizioni, l’impegno di corso d’Italia prosegue per tutelare il sistema previdenziale e l’area della disabilità contro le norme che prevedono lo stravolgimento del collocamento obbligatorio, per stralciare l’obbligo di privatizzare i servizi pubblici “in contraddizione con l’esito del recente referendum” e per impedire la modifica dell’articolo 41 della Costituzione.
Ultimo, non certo per rilevanza, la lotta contro l’articolo 8 del decreto in tema di ‘contrattazione collettiva di prossimità’. Le modifiche introdotte dall’emendamento del governo “distruggono l’autonomia e l’autorevolezza del sindacato” e indicano “la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei lavoratori”, ha spiegato in queste ore Camusso. Per la CGIL l’articolo 8 e le modifiche apportate in commissione non sono coerenti con l’accordo del 28 giugno e rilevano “un comportamento autoritario del governo che interviene sull’autonomia contrattuale delle parti con una scelta senza precedenti nella storia della nostra Repubblica”.
fonte: www.cgil.it