Mondine in Barga Vecchia at Capretz – barganews

Mondine in Barga Vecchia at Capretz

This evening, at the historic Café Capretz in Barga Vecchia, the air was rich with the unmistakable aroma of roasting chestnuts. In this medieval hilltop city in Tuscany, the humble sweet chestnut holds more than culinary significance — it carries centuries of history and resilience.

Revered since ancient times, chestnuts were immortalized by Homer and cataloged by Pliny the Elder, who detailed the varieties cultivated in Southern Italy. Over the centuries, their adaptability made them a staple across the peninsula, thriving on steep, unforgiving slopes where few other crops could. By the Middle Ages, chestnuts became a lifeline for peasants, sustaining entire communities through harsh winters.

In Garfagnana and Barga, chestnut flour is still affectionately called “poor man’s flour”, a nod to its role as a savior during times of scarcity. Whether baked into bread, transformed into necci pancakes, or roasted over open flames, chestnuts symbolize survival, resourcefulness, and community.

Locals have long experimented with ways to preserve these nuts beyond their autumn harvest. Some buried them in glass demijohns to retain their freshness, while others mimicked nature, storing them in hollow trees wrapped in moss — just as squirrels and dormice do in the surrounding forests.

Tonight, however, the preservation techniques took a back seat to celebration. In the flickering firelight, chestnuts cracked and popped, their smoky scent mingling with laughter and the hum of conversation. For a fleeting moment, the simplicity of this age-old ritual transported everyone back to a time when life revolved around the gifts of the land, reminding us that even the smallest traditions can carry the weight of history.

 
  

  
 

Questa sera, all’iconico Café Capretz di Barga Vecchia, l’aria era impregnata dell’inconfondibile aroma delle castagne arrosto. In questa città medievale arroccata sulle colline della Toscana, l’umile castagna dolce racchiude molto più che un semplice valore culinario — porta con sé secoli di storia e resilienza.

Venerate fin dall’antichità, le castagne furono celebrate da Omero e catalogate da Plinio il Vecchio, che descrisse le varietà coltivate nell’Italia meridionale. Nel corso dei secoli, la loro adattabilità le ha rese un alimento di base in tutta la penisola, prosperando su pendii ripidi e inospitali dove poche altre colture potevano crescere. Nel Medioevo, le castagne divennero una risorsa vitale per i contadini, sostenendo intere comunità durante i rigidi inverni.

In Garfagnana e a Barga, la farina di castagne è ancora affettuosamente chiamata “farina dei poveri”, un omaggio al suo ruolo di salvezza nei periodi di scarsità. Che siano trasformate in pane, in necci o arrostite sul fuoco vivo, le castagne simboleggiano sopravvivenza, ingegno e comunità.

Per generazioni, gli abitanti hanno sperimentato vari metodi per conservare questi frutti oltre il raccolto autunnale. Alcuni li seppellivano in damigiane di vetro per mantenerli freschi, mentre altri imitavano la natura, riponendoli in alberi cavi avvolti nel muschio — proprio come fanno gli scoiattoli e i ghiri nelle foreste circostanti.

Questa sera, però, le tecniche di conservazione hanno lasciato spazio alla celebrazione. Alla luce tremolante del fuoco, le castagne scoppiettavano e si screpolavano, il loro profumo affumicato si mescolava con risate e il mormorio delle conversazioni. Per un momento fugace, la semplicità di questo antico rito ha trasportato tutti indietro nel tempo, quando la vita ruotava attorno ai doni della terra, ricordandoci che anche le tradizioni più umili possono portare il peso della storia.