Indica una frase che per te riassume il tuo modo di fare arte
“Not what man knows but what ma feels, concerns art. All else is science“; definiva così la disciplina il grande storico dell’arte Bernard Berenson. Alla base della mia produzione stanno quelle sensazioni derivate dal mio quotidiano, dalle mie esperienze, dalle mie letture; insomma, le mie opere sono una conseguenza di tutto e perciò da considerarsi una sorta di diario personale fatto d’immagini e colori.
Francesco Cosimini, giovane studente di arte e beni culturali a Firenze, affascinato anche dalla scrittura e dalla fotografia. Come coniughi le tue passioni e qual è stata la scintilla che ti ha aperto le porte della pittura?
Partiamo dal presupposto che sono un curioso per natura e quindi non mi tiro mai indietro di fronte alle novità a meno che queste non siano di provare il brivido del salto nel vuoto gettandomi dal quindicesimo piano di un palazzo. Non saprei spiegare chi o cosa mi spinge a fare tutto ciò. Credo che la spontaneità stia alla base del mio fare arte e mi piace pensare così dando al tutto quell’aspetto di magico e di inspiegabile. Quelle elencate sono tecniche molto diverse tra loro: infatti, ognuna, ha le sue modalità di esprimere un messaggio legato ai molteplici aspetti della mia vita, ma la pittura è…il primo grande amore e quindi non la scordo mai!
Le tue produzioni sono caratterizzate dall’asciuttezza anatomica e dalla sintesi formale. A cosa ti ispiri per realizzare le tue opere?
Mi ispiro a me stesso, alla mia vita, al mio modo di pensare e al mio vissuto; come ho già detto. Adoro la semplicità. Ogni artista ha il compito di far ragionare il suo pubblico altrimenti farebbe quadri, magari belli, ma meri oggetti d’arredamento. Ho la voglia e il dovere di lasciare sempre qualcosa di celato ed è questa, in un certo qual modo, la sensualità delle mie opere. Le emozioni che suscitano pongono domande e riflessioni nello spettatore che ha così l’obbligo di andare avanti oltre alla prima analisi dettata dal primo impatto. Passando dal significato alle forme, devo dire che le une sono la conseguenza dell’altro e questa è una scelta di gusto mio personale dettata dal mio amore per la schiettezza nei linguaggi e nelle forme minimal perciò mi ispiro a tutti quegli artisti che con poco dicono tanto e certamente alla base di tutto c’è la statuaria elladica e la grande pittura rinascimentale cercando però di attualizzarle in un linguaggio moderno, ma non di tendenza. Abitando a Firenze gli spunti sono innumerevoli.
Raccontaci di un’esperienza artistica che ti è rimasta nel cuore.
Una volta qualcuno disse che i miei quadri emozionano. Poi sorrise. Questo è il primo ricordo che mi balza alla mente, meglio non raccontarne altri per non sfociare nell’auto-elogio (che odio). Sono oggetti che faccio per me stesso e se poi riscuotono favori positivi ne sono felice. Considero ogni singola tela come un mio figlio anche se alcuni li vedo un po’ come demoni.
Che tipo di rapporto hai con il teatro?
Il teatro lo vedo come un mondo magico e a sé stante e sicuramente poco “pop”. Mi affascina vedere come gli attori gestiscono un’ora o più di spettacolo emozionando così il pubblico. Quando il sipario si alza inizia una magia.
Arti Differenti nasce come ricerca di contatto tra l’arte figurativa contemporanea ed il mondo del teatro, è un tentativo di dialogo più profondo fra linguaggi espressivi diversi. Racconta le tue sensazioni in merito a questa esperienza.
Più che un tentativo di dialogo penso al fatto che l’unione fa la forza e in questo periodo così particolare che stiamo passando dove vengono a mancare fondi alla cultura o all’istruzione vedere come le diverse (lo sono tra loro!) arti cooperano al raggiungimento di un pubblico sempre maggiore è molto interessante. Forse è necessario. È certo che all’attuazione di un tale progetto deve stare un pubblico culturalmente pronto, ma è anche vero che questo è il compito degli addetti ai lavori nella promozione e facilitazione, senza perderne la complessità, di questi linguaggi. Insomma bisogna abbattere le torri d’avorio dove gli artisti e la cultura sono soliti rifugiarsi e fare autoreferenzialità. Lo scopo sarebbe quello di uscire dai salotti e entrare nel cuore di tutti perché l’Arte (maiuscola) è certo un prodotto di lusso, ma che fa bene alle nostre menti e allo spirito.