Si è concluso poche ore fa l’incontro previsto a Firenze tra KME ed i sindacati per portare avanti la trattativa sull’annunciato piano industriale. Un incontro dove KME ha ribadito la propria posizione e cioè che non ci sono alternative sulla crisi in atto. Se si vuole uscirne bisogna realizzare e alla svelta le azioni annunciate nelle settimane scorse che per quanto riguarda Fornaci vuol dire: procedere assolutamente ad una ulteriore riduzione del costo del lavoro; lo stop del forno Asarco di Fornaci, da tempo sofferente di volumi troppo bassi (20% del potenziale), con conseguenti gravi conseguenze in termini di sostenibilità; la conseguente conferma di 275 esuberi di cui 142 a Fornaci.
“Queste azioni– scrive in una nota l’azienda – sono imprescindibili per il rilancio delle attività di KME in Italia. O si attuano questi provvedimenti in tempi brevi trovando un accordo o il rischio reale è che l’azienda si trovi nella necessità di dichiarare la mobilità”. L’unica strategia per KME, rispetto: “ad una situazione drammatica delle attività italiane che vede, da 2007 ad oggi perdite per oltre 130 milioni di Euro ed un calo di fatturato di oltre 200mila tonnellate (-35%). E questo nonostante KME A.G. (la capogruppo industriale basata in Germania) in Italia abbia cercato in tutti i modi di risollevare le sorti sostenendo, nello stesso periodo, investimenti per 90 milioni di Euro ed aumenti di capitale per oltre 190 milioni di euro. Un quadro drammatico che può essere risolto solo mettendo in pratica questo piano industriale che invece sindacati non vogliono accettare.
Da qui il rinnovo dell’appello al senso di responsabilità dei sindacati: “per gestire insieme questa fase cruciale, ricercando tutte quelle soluzioni, come la cassa integrazione a 0 ore (o altri ammortizzatori sociali di pari efficacia), che consentano di ridurre al massimo le conseguenze sociali e nel contempo di sfruttare le sinergie di Gruppo e riportare alla competitività le attività italiane.
[dw-post-more level=”1″] Così in sostanza la posizione espressa da KME nel’incontro di oggi dove ha illustrato nel dettaglio il piano industriale: “l’unico possibile, finalizzato a consentire alle società del Gruppo di affrontare con concrete prospettive di successo un contesto economico generale molto difficile”.
Insomma nessuna alternativa è possibile e soprattutto percorribile per riportare in equilibrio i conti sia degli stabilimenti italiani, a cominciare da quello di Fornaci, che del gruppo. Operazione che peraltro punterebbe ad incrementare la specializzazione degli stabilimenti italiani: “ottimizzare le produzioni, sfruttando al massimo le eccellenze presenti nei vari stabilimenti europei, rendendole sinergiche in modo da conservare redditività e leadership, pure in presenza di un contesto di mercato debole e adattandole all’obiettivo di conquista di nuovi mercati”.
Tradotto in parole povere, se il riequilibrio dei conti potrà essere attuato con i provvedimenti previsti, pèer KME il piano industriale prevedrebbe infatti di “procedere a Fornaci con l’ulteriore sviluppo del nuovo forno di raffinazione (investimento recente di circa 12 milioni) che grazie a tecnologie all’avanguardia permette l’uso di materia prima da riciclo e che consente un importante risparmio energetico e altrettanto importanti ricadute sul fronte della sostenibilità ambientale. Ma anche ad altri obiettivi riguardanti proprio Fornaci come una maggiore concentrazione delle produzioni riguardanti i laminati in ottone, attività esclusive di Fornaci.
“La diversificazione del portafoglio dei prodotti laminati in leghe di elevata qualità – afferma ancora KME – che hanno ampi spazi di sviluppo nei mercati del Nord Europa e in nuovi settori di utilizzo ed il rafforzamento dei prodotti speciali, settore di vera e propria eccellenza dello stabilimento di Fornaci di Barga”.
Il muro contro muro con i sindacati non si è però attenuato ieri, anzi. “Consideriamo questo un atto grave. Invitiamo per l’ennesima volta il gruppo dirigente della Intek Group a confrontarsi con le nostre proposte di salvaguardia e mantenimento delle produzioni e degli impianti senza i quali, anche in presenza di una pur minima ripresa, non vi sarebbe alcun futuro e, inevitabilmente precipiterebbe tutto il gruppo, oltre 1500 persone, verso la chiusura – scrive la FIOM che annuncia da parte dei sindacati altre 16 ore di sciopero.
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