C’è una domanda che fino ad oggi non mi ero mai posta, poi è arrivata la mail con le risposte di Sara Morganti, stella della squadra italiana di dressage paralimpico, alla quale avevo chiesto di spiegarmi in cosa consiste la disciplina, e mi si è accesa una lucina, un tarlo: se per qualche ragione dovessi perdere l’uso di una parte del mio corpo, sarei capace di rinunciare a salire in sella ai miei amati cavalli? Dimenticherei le sensazioni incredibili che si provano quando suona la campanella ed è il mio turno di scendere in campo? Chi ama questo sport ed è cresciuto sgaloppazzando a pelo sui pony, punta la sveglia alle 6 del mattino pur di cominciare la giornata in sella prima di scappare in ufficio sa che non si smette mai per davvero, che i cavalli sono una droga da cui è impossibile disintossicarsi del tutto e che la risposta a questa domanda è No! No e poi No!
Da qui dobbiamo partire per capire gli atleti paralimpici e la loro disciplina. Già la definizione ufficiale è abbastanza illuminante: l’atleta paraequestre deve seguire per quanto possibile i principi generali del dressage. Tuttavia, i cavalieri paralimpici non hanno l’uso dell’intero corpo, per cui ogni riferimento agli aiuti deve essere interpretato includendo l’uso di altre parti del corpo e/o aiuti compensatori appropriati e approvati. “Non sono gli obiettivi ad essere diversi nel dressage paralimpico, ma forzatamente sono lo sono i mezzi con i quali bisogna raggiungerli, si tratta di cambiare prospettiva, ed ingegnarsi un po’ – ci dice Sara – Vi sono differenti cause e gradi di disabilità. I cavalieri vengono innanzitutto sottoposti a una visita di classificazione nella quale viene stabilito attraverso dei parametri ben precisi la capacità residua di ogni singolo distretto del corpo. Questo permette ai medici classificatori di determinare il Grado in cui dovrà competere ciascun cavaliere paralimpico. Vi sono alcune patologie non stabili e i cavalieri in questi casi vengono rivisitati più volte nel tempo. I gradi, ripeto e sottolineo non sono determinati dall’abilità equestre, ma dal grado di disabilità fisica stabilito durante la visita di classificazione. Questa è la griglia: Grado 1A Passo. Può essere inserito il trotto solo nel freestyle; Grado 1B, Passo con poco trotto (mezzi giri sulle anche obbligatori); Grado 2, Passo trotto e facoltativamente il galoppo nel freestyle; Grado 3, Passo Trotto Galoppo (spalle indentro, galoppo riunito, medio, rovescio); Grado 4, Passo Trotto e Galoppo con un elevato grado di difficoltà (nei tecnici vi sono spalle indentro, appoggiate, cambi di piede semplice etc.). Le figure con un alto coefficiente di difficoltà, come ad esempio quelle su due piste, dove non obbligatorie nei tecnici, possono essere comunque inserite nei freestyle, pur con alcune limitazioni a seconda dei gradi”.
E se pensate che eseguire una ripresa al passo sia facile, sentite qui:
“Io sono stata classificata in grado 1° – continua Sara – Molti rimangono visibilmente stupiti quando dico che i grafici che faccio sono ‘solo al passo’. Io monto a cavallo da quando avevo 13 anni, ovvero ben prima di ammalarmi di sclerosi multipla. Facevo cross country e salto ostacoli e il ‘lavoro in piano’ doveva essere in teoria la parte facile. Dopo la diagnosi ho dovuto rinunciare a saltare e ho cominciato a dedicarmi con crescente dedizione, costanza e via via sempre maggiore entusiasmo a quella che è diventata la mia disciplina: il dressage. Una disciplina difficile, a volte frustrante, una sfida continua con se stessi. La ricerca della perfezione, una perfezione che consiste in un cavallo che appare felice di lavorare in simbiosi con noi, unico modo per raggiungere dei risultati soddisfacenti. Così mi cimento ogni singolo giorno a cercare di eliminare sempre di più quegli errori che tanto infastidiscono il cavallo, che non gli possono permettere di fare ciò che ‘penso’ di chiedergli. Tutto questo attraverso delle strategie alternative che servano a ovviare i problemi derivanti dalle singole disabilità. Ottenere lo stesso risultato con strategie diverse! Questo l’obbiettivo… e al passo è veramente difficile!
Mi chiamo Sara e ho una grande passione per Royal Delight, il mio cavallo, che in realtà è una “lei”. Passiamo moltissimo tempo insieme e tra noi c’è un’intesa speciale. Nel nostro sport gli atleti sono 2 e si vince solo se si è in armonia. Dobbiamo essere tutti e due nelle condizioni ottimali per fare una grande performance. Abbiamo già sfiorato 2 volte la medaglia: nel 2010 e nel 2011. Ora siamo nel 2012 ed è giunto il momento di afferrarla. A Londra.
Il giudice ha tutto il tempo necessario di vedere ogni minimo sbaffo, tensione, perdita di attività, variazione di ritmo, imprecisione nel disegno, sbandamento. Ogni singolo errore mi sembra sempre gigante. Quando esco dal campo di allenamento e da quello di gara riesco a focalizzare solo su ciò che ho sbagliato. Devo capire e rimediare. Non è mai il cavallo a commettere gli errori, la responsabiità è spesso mia, e al rallenty si vede tantissimo!”. La compagna di avventura pelosa di Sara, si chiama Royal. “Lei è la mia via di fuga da tutto ciò che fa male. Non so spiegarlo, ma quando sono sola con lei tutto cambia”.
E quando non sono insieme, Sara si divide tra il lavoro di segretaria, la famiglia, la preparazione atletica, il nuoto e le faccende domestiche. Una vita pienissima, dove manca il tempo per coronare un altro sogno: la laurea specialistica in traduzione, dopo quella in lingue e letterature straniere. “Ma prima c’è un aereo per Londra da prendere! – ride Sara – Scegliendo di fare gare agonistiche ad alto livello ho preso un impegno verso le molte persone che mi sostengono e verso l’Italia stessa che più volte mi sono trovata a rappresentare. Questo non lo perdo mai di vista. Quando salgo in sella la paura di sbagliare è tanta, proprio in virtù del fatto che sono una perfezionista e so che ci sono tante persone che lavorano con me perché io ottenga dei buoni risultati, ma in fondo è proprio questo che mi spinge a scendere in rettangolo. E, se ancora non basta a rilassarmi, devo solo abbassare lo sguardo per ricordarmi che sono in sella alla mia migliore amica e che quando siamo insieme tutto va bene!”.
In fondo l’equitazione è tutta qui, un uomo e il suo cavallo su una strada in salita. source – Penelope Sarrocco – La Voce Equestre
In sella al suo cavallo è la persona più felice del mondo e dimentica ogni dolore. Stiamo parlando di Sara Morganti, la campionessa paralimpica di equitazione del Team Samsung, stella di prima grandezza della nazionale italiana. Ma Sara è anche una giovane donna malata di sclerosi multipla oltre che di agonismo, malattia che affronta con la forza e l’energia di una amazzone.
Perchè Sara, in sella da quando aveva 13 anni, è una forza della natura: dal 2005 ad oggi ha collezionato più di dieci medaglie d’oro nelle varie competizioni a livello regionale e nazionale, attualmente campionessa italiana assoluta nei due tecnici e nel freestyle; quarta ai campionati mondiali in Kentucky dell’anno scorso.
La compagna di avventura di Sara, si chiama Royal Delight. “Lei è la mia via di fuga da tutto ciò che fa male. Non so spiegarlo, ma quando sono sola con lei tutto cambia”. E quando non sono insieme, Sara si divide tra il lavoro di segretaria, la famiglia, la preparazione atletica, il nuoto e le faccende domestiche. Una vita pienissima, dove manca il tempo per coronare un altro sogno: la laurea specialistica in traduzione, dopo quella in lingue e letterature straniere. Ma prima c’è un aereo per Londra da prendere:
“Devo impegnarmi ogni giorno di più. In fondo sono arrivata fin qui pensando solo a montare a cavallo. Qualcuno mi dice che forse sto esagerando, che faccio troppo, ma la realtà è che quando salgo in sella non riesco più a scendere. E quando poi alla fine decido di scendere non voglio più venire via dal maneggio. A Londra ci devo assolutamente arrivare e non posso e non voglio arrivarci da sola. E fortunatamente non lo sono. L’Olimpiade è solo la meta e la meta è data dalla somma di singoli giorni speciali. Vissuti e gustati a pieno, circondata dalle persone che mi vogliono bene e mi conoscono, che sanno che monto a cavallo perché amo poterlo fare e amo farlo. Un giorno alla volta, ma insieme. Questo il segreto, ormai svelato. Abbiamo già sfiorato 2 volte la medaglia: nel 2010 e nel 2011. Ora siamo nel 2012 ed è giunto il momento di afferrarla. A Londra”.
source – https://apps.facebook.com/samsunglondra/?p=593