Trecento memorie per il futuro. A Barga è arrivato Piero Terracina per raccontarci l’inferno di Auschwitz. Ottantaquattro anni e una vita a testimoniare lungo l’Italia l’orrore dello sterminio. Un evento storico che segna per sempre, da tenere nel cuore. Davanti a lui trecento ragazzi delle scuole superiori e del comprensivo di Barga. Tutti ammutoliti per quasi due ore. Silenzio assoluto. Una storia che ci ha letteralmente sminuzzato e ricomposto. La sensazione era come essere finiti contro un muro a cento all’ora.
Ma la cosa più bella sono stati loro, i ragazzi: una di loro è corsa sul palco a dare la mano a Piero per ringraziarlo.
E alla fine tutti in fila per un saluto e un abbraccio. Missione compiuta: creare il sottile filo della memoria per unire passato, presente e futuro. Ragazzi – ha detto Piero Terracina – non dimenticate mai, fatelo per voi e per i vostri figli che verranno. Cercate perchè è accaduto – sarebbe come trovare una giustificazione – ma impegnatevi per sapere come.
Ci ha promesso che ci avrebbe raccontato l’inferno e così è andata. Da Roma con lui sono stati deportati milleventitre ebrei: solo sedici sono tornati. La sua famiglia spazzata via col fumo dei crematori. Cenere. Nel vento. Ai revisionisti ha detto: se questo non è mai accaduto dove è la mia famiglia? dove sono finite più di mille persone?
Una sola cosa vi voglio regalare, un ricordo, perchè l’emozione di essere all’incontro non ve la posso ridare: non dimenticherò mai – ha detto Piero Terracina – la sensazione del mio viso bagnato dalle lacrime di mia madre quando ci hanno separato all’arrivo ad Auschwitz. Lei verso la morte con mia sorella e io verso la sofferenza del campo con mio padre e i miei fratelli.
Un’ultima cosa però la voglio aggiungere io: a volte è bene cambiare la prospettiva nel vedere e valutare le cose che ci accadono ogni giorno. Forse quello che a volte riteniamo fondamentale non lo è.
Da parte mia, e credo di tutti, un grazie a Piero. So bene che un regalo così ce lo porteremo sempre nell’anima.
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Sopravvissuto ad Auschwitz, ha vissuto l’orrore a 15 anni, nel luogo simbolo dell’orrore.
Una sua testimonianza: «Ragazzi i diritti vanno sorvegliati e difesi perchè non durano per sempre. Solo in questo modo possiamo evitare che il passato si riproponga. Noi sopravvissuti abbiamo il compito di non far dimenticare. Auschwitz è stato il paradigma di tutto il sistema concentrazionario nazista, un sistema scientifico. Auschwitz era una vera e propria istituzione. C’erano guardie, medici, funzionari amministrativi, burocrati. Tutto organizzato nei minimi dettagli per sterminare centinaia di migliaia di persone».
Un ricordo doloroso, un peso impossibile da scacciare. «Lì ci ho perso tutta la famiglia. A 15 anni sono rimasto da solo a lottare per la sopravvivenza. In un posto come quello perdi la dignità, la fede vacilla, ci si lascia morire. Io a quell’età non volevo morire, volevo restare aggrappato alla vita. La dignità? Ricorderò per sempre quello che ci disse mio padre quando ci arrestarono a Roma, nel ’44, venduti ai nazisti per 5 mila lire l’uno da due fascisti, “Ragazzi, siate uomini, non perdete mai la vostra dignità”. Ma in quell’inferno era difficile non perderla». Infine la memoria va a uno dei tanti stermini ai quali ha assistito di persona, a Birkenau. «Rom e Sinti erano nel recinto E, separato dal mio, il D, solo dal filo spinato. Nel mio recinto c’erano solo uomini, tutti rasati, con le uniforme a strisce. Rom e Sinti invece avevano conservato i propri abiti, i capelli. Avevano anche strumenti musicali e sopratutto c’erano i bambini, che significano vita. Una comunità vivace, colorata. Ricordo ancora quella notte, il 2 agosto del 1944. Sentimmo urla, cani che abbaiavano, spari. Poi un silenzio agghiacciante e la mattina dopo il vuoto, le porte delle baracche che sbattevano. Bastò alzare gli occhi verso i camini dei crematori per capire. Il giorno dopo arrivarono altri ebrei, dall’Ungheria, la fabbrica della morte era al massimo del suo funzionamento».Coordina Andrea Giannasi di Prospettiva Editrice
Sì: grazie.
Sopravvivere ad Auschwitz: Piero Terracina racconta il suo inferno Piero Terracina
23-02-2012 / Interviste / Brunella Menchini