Si sono svolti lunedì i funerali di Marino Lucchesi detto “Balilla”, un soprannome che gli era rimasto addosso dagli anni della guerra, quelli della sua gioventù.
Era, infatti, il più giovane dei componenti della Formazione XI Zona ai comandi di Pippo che ci pensò su per un po’ prima di prenderlo nelle sue fila, troppo piccolo: aveva solo 15 anni.
Ma, il mitico Comandante, non si pentì della sua scelta: Balilla, che prima di divenire partigiano faceva il pastore, infatti, si dimostrò un buon elemento. Era entrato nella resistenza assieme ai fratelli Andrea (emigrato e tutt’oggi residente negli Usa) e Leo, sottotenete dell’esercito catturato e ucciso dalla Brigata Nera di Barga, il cui corpo non fu più trovato.
Combatté con coraggio, e quel maledetto Santo Stefano del 1944 a Sommmocolonia rimase gravemente ferito alla gamba sinistra. Per questo fu insignito della croce al Merito di Guerra.
Membro d’onore della sezione intercomunale Anpi Val di Serchio non mancò mai a una commemorazione, anche se, dopo la guerra, era emigrato in Francia.
Con lui se ne va un pezzo di storia prezioso. Sarebbe stato bello intervistarlo per cercare di memorizzare il più possibile informazioni su quei giorni, aneddoti su quella formazione, unica nella storia del movimento partigiano a liberare le città del nord armati al seguito degli americani.
Sarebbe stato importante, anche perché ormai sono veramente pochi coloro che hanno vissuto quei giorni al fianco di Pippo e sono ancora in vita. Saranno una quindicina e, spesso, non vogliono parlare di quei giorni, i ricordi fanno ancora male e riaprono ferite mai rimarginate. Dobbiamo molto a persone come il Balilla. È grazie a quelli come lui se c’è stata di nuovo la Primavera della Costituzione.
A noi il compito di cercare, ascoltare, ricordare e tramandare. Più che un compito un obbligo morale perché ciò che accaduto non accada di nuovo, ma anche un modo per dire grazie a chi, a quindici anni, decise di andare a combattere per la Libertà.